Nel Mar del Giappone la Casa Bianca continua imperterrita ad adottare la formula politica della provocazione e Pyongyang è costretta a un’azione di difesa. Le forze navali statunitensi con l’arroganza che le contraddistingue utilizzano la solita tattica puerile degna nel bellicismo più becero. L’esercito del mare capitanato da Washington avanza fino a lambire i confini marittimi nordcoreani, retrocede e reitera l’operazione più volte. Dette provocazioni sono qualcosa di oggettivamente fastidioso tanto che lo Stato asiatico si vede costretto a rispondere anche con l’uso di armamenti per il momento in maniera passiva. Le forze militari di Pyongyang sono messe nelle condizioni di lanciare missili a corta gittata per difendere la loro giurisdizione dagli attacchi firmati USA. Intanto anche l’aeronautica nordcoreana segue le operazioni dal cielo. In questa circostanza i velivoli asiatici si limitano a pattugliare i cieli nazionali ma se la sfrontatezza statunitense supererà ogni limite la Corea del Nord potrebbe difendersi attaccando. La presenza militare degli Stati Uniti nei dintorni della penisola coreana è davvero qualcosa di soffocante. In quest’area v’è forse il vero confine che separa l’Occidente (NATO, Corea del Sud, Giappone) dall’Oriente (Corea del Nord, Cina, Russia). La guerra fredda si è trasformata in guerra gelida.